Il caso Milano Fotopoetica

Una caratteristica che contraddistingue da sempre l’essere umano è la sua capacità di raccontare storie, fin dall’antichità la volontà comunicativa insita in ognuno di noi ha dato la possibilità a ciascuno di esprimere il proprio mondo interiore attraverso differenti forme linguistiche.

Nello scenario contemporaneo i nuovi media hanno ampliato notevolmente le risorse narrative, oggi è infatti possibile fruire racconti che ibridano tra loro diverse espressioni creative con l’obbiettivo di realizzare racconti unici.

Il caso di Milano Fotopoetica risponde perfettamente a questo desiderio comunicativo, un progetto in cui convivono e si relazionano tra loro fotografia, illustrazione e testo poetico derivanti dalle competenze di tre distinti autori. La combinazione e la sinergia tra i diversi codici adottati rappresenta una prerogativa, tuttavia questo non deve far perdere ai singoli linguaggi la loro identità in modo tale da renderli riconoscibili e riconducibili alla presenza di un preciso autore. La fusione di queste espressioni artistiche avviene in maniera sincretica, ciascun elemento non perde la sua unicità ma viene anzi rafforzato dalla collaborazione con gli altri, quasi come una sinfonia orchestrale che sa sfruttare al meglio le diverse componenti ottenendo così un risultato superiore alla somma delle singole parti.

Il tessuto narrativo del progetto viene realizzato in particolare attraverso la serialità delle opere, ovvero dal fatto che la storia acquista una sua forma quadro dopo quadro secondo un ordine stabilito da una volontà enunciazionale. In questo senso il progetto ricorda la pratica del fumetto: una narrazione che si sviluppa tramite cornici all’interno delle quali sono inseriti illustrazioni e testi. Le fotografie presenti non sono però limitate al ruolo di sfondo, ma elementi comprimari del racconto che permettono al fruitore di riconoscere gli ambienti immortalati producendo così un legame tra realtà e immaginazione. La presenza della traccia fotografica in contrasto con quella artificiosa dell’illustrazione modifica lo statuto dell’immagine mettendo in evidenza il livello metacomunicativo delle opere.

Milano Fotopoetica mantiene un legame referenziale con la realtà attraverso la presenza fotografica ma, pur riflettendo la realtà, i suoi artefatti sono in grado di non ridurla a mera rappresentazione. Inevitabilmente l’illustrazione si appropria di uno spazio all’interno della fotografia, addirittura instaura con essa una fisicità che risulta impossibile: ciò accade per esempio con la sciarpa della ragazza illustrata che a tratti pare nascondersi dietro alcuni elementi architettonici immortalati nella fotografia; oppure pensiamo alla presenza delle ombre proiettate da alcuni elementi illustrati, ombre che non possono esistere nella realtà cristallizzata dalla fotografia ma che comunque prendono vita nonostante questo riveli la loro natura artificiale. Inoltre è interessante notare come la contrapposizione tra fotografia ed illustrazione spesso venga rievocata anche dall’accettazione o meno delle regole del reale: in alcune immagini capita di osservare la protagonista illustrata che tenta di mimetizzarsi con l’ambiente scendendo a patti con le norme imposte dalla concretezza fotografata; in altri quadri invece pare che la ragazza illustrata sia consapevole della sua natura immaginaria e la realtà della fotografia diventa un pretesto in cui sperimentare nuove fantasie.

L’obiettivo degli autori è quello di raccontare le memorie di una città servendosi di uno sguardo poetico che prende vita mediante la combinazione di diversi codici espressivi. Gli autori realizzano una storia in cui lo spettatore segue le vicende di una figura femminile intenta a recuperare i suoi ricordi. La narrazione spesso invita il fruitore ad un transfert con la protagonista portandolo ad attribuire significati privati a quello che osserva: ciò avviene grazie a testi scritti in prima persona; a punti di vista che rimandano all’ambiente osservato dalla ragazza illustrata; o ancora, attraverso l’utilizzo di foto in bianco e nero come metafora del ricordo. 

Il progetto tende verso una chiara manipolazione estetica in cui fotografia, illustrazioni e testi giocano tra loro e sono in grado di restituire una narrazione sempre unica perché capace di rievocare i vissuti privati dello spettatore. Questo a dimostrazione del fatto che chiunque, quando intento ad osservare qualcosa, non guarda solo con gli occhi: la realtà è sempre suscettibile di una interpretazione e progetti così impostati sono in grado di rendere giustizia dell’alterità irriducibile del mondo.

Marian Andronache*

Marian Andronache è autore della Tesi di Laurea “Fotografia e manipolazioni estetiche. Il Caso Milano Fotopoetica.” Università Cattolica del sacro Cuore, Facoltà di Lettere e Filosofia – Corso di Laurea in Linguaggi dei Media. Anno accademico 2018/19